L’omicidio di Simonetta Ferrero è uno dei casi di cronaca nera italiana che fece più scalpore. Ancora oggi, il killer non ha un volto.
Il caso dell’omicidio di Simonetta Ferrero risale ai primi anni ‘70. Si tratta tutt’oggi di un caso irrisolto, molto famoso nella cronaca nera italiana. Simonetta Ferrero nacque a Casale Monferrato nel 1945 da una famiglia benestante piemontese che abitava a Milano. La Ferrero era la classica ragazza in carriera: brava a scuola e impegnata nel volontariato, una giovane ambiziosa.
Simonetta si laureò a marzo del 1969 all’Università Cattolica del Sacro Cuore in Scienze Politiche. Grazie ad alcune conoscenze di suo padre, Simonetta Ferrero entrò alla Montedison. Si trattava di uno dei più rilevanti gruppi industriali e finanziari italiani.
Nonostante la carriera di Simonetta fosse già avviata, la giovane continuò a vivere insieme alla sua famiglia, con suo padre Francesco, sua madre Liliana e le sorelle Elena ed Elisabetta. L’omicidio di Simonetta avvenne il 24 luglio del 1971. Stando alle dichiarazioni di alcuni testimoni oculari, e attraverso il ritrovamento di alcuni scontrini sulla scena del delitto, la vittima era ancora viva verso la metà della mattinata.
La visita all’ateneo prima del viaggio con la famiglia
La giovane si sarebbe recata nella sua Università poco prima di fare un viaggio con la sua famiglia, proprio il giorno in cui è morta. Ancora non si conosce il motivo di questa sua visita. La vittima morì all’interno del suo ateneo, quella mattina del 24 luglio 1971, in circostanze brutali.
Il suo corpo privo di vita venne scoperto soltanto la mattina del 26 luglio 1971. Un lunedì. Il suo corpo venne ritrovato da un giovane nell’ateneo, nei bagni femminili. Il sangue era ovunque, e il corpo di Simonetta si ritrovava riverso in una pozza di sangue.
Le indagini
La giovane era stata accoltellata: secondo alcune fonti i fendenti furono 33, secondo altre 44. Pare che sette di queste coltellate, furono inflitte in zone vitali. La vittima aveva collo, volto e ventre martoriati. Nonostante gli evidenti segni di violenza, non aveva subito alcun abuso sessuale.
Simonetta era ancora vestita. Dalle indagini emerse la presenza in una delle maniglie di un’impronta di sangue, appartenente ad un uomo. Fin dal primo momento, le piste seguite dagli inquirenti erano inconsistenti. Nessun movente, nessuna arma del delitto.
Nonostante le numerose supposizioni, dalle indagini non emerse nulla. Fino al 1993, anno in cui venne inviata una lettera anonima al Questore Achille Serra. Al suo interno era indicato come colpevole un sacerdote della “Cattolica”. Ma anche in questo caso, le indagini finirono in una bolla di sapone.Non avendo ai tempi le opportune tecnologie, come ad esempio i macchinari in grado di riconoscere il DNA, il delitto di Simonetta rimane ancora oggi un caso irrisolto.